
Qu’est-ce que c’est que ça? Parlare la stessa lingua del cliente
In un mercato internazionale è fondamentale presentarsi correttamente, parlare la stessa lingua del cliente.
Internazionalizzare o localizzare?
Cito da Wikipedia
“L’internazionalizzazione […] è il processo di adattamento di una impresa, un prodotto, un marchio, pensato e progettato per un mercato o un ambiente definito, ad altri mercati o ambienti internazionali, in modo particolare altre nazioni e culture”
“L’internazionalizzazione è applicata durante la fase di progettazione del prodotto, e cioè in tale fase vengono predisposti tutti gli elementi perché il prodotto possa essere facilmente venduto sul mercato internazionale”
È diversa dalla localizzazione perché
“L’internazionalizzazione è l’adattamento per un potenziale utilizzo al di fuori del mercato o ambiente in cui l’elemento opera, mentre la localizzazione è l’aggiunta di caratteristiche che permettano di adattare l’elemento in specifici mercati o ambienti cosiddetti locali. I processi sono complementari per raggiungere un mercato globale”
Un po’ complesso. Un esempio può aiutare.
Amara Coca-Cola
Avete mai notato che in certi Paesi la Coca-Cola è più dolce?
Alcuni prodotti, specie nel settore alimentare, vengono localizzati e cioè personalizzati per uno specifico mercato. Lo racconta bene questo articolo de Il fatto alimentare.
Altri esempi potrebbero riguardare pubblicità completamente diverse, riscritte per la sensibilità di pubblici diversi. Immagino ad esempio la pubblicità di un bagno schiuma in Spagna e lo stesso bagno schiuma in Iran. Stesso prodotto, ma diverso storytelling. In questi casi casi quindi non si attiva una completa localizzazione, ma ci si limita a cambiare la comunicazione di un prodotto che rimane inalterato.
L’elemento di localizzazione più intuitivo è la lingua. Vale la pena approfondire alcuni aspetti.
Esiste una lingua franca?
L’inglese semplificato è un tentativo di lingua franca buona per tutti i Paesi, ma non è sempre sufficiente, specie se non accompagnata da una parte illustrativa.
Viaggio abbastanza da sapere che gli addetti al turismo e magari i commerciali delle aziende parlano e leggono agevolmente l’inglese. Ciò non è altrettanto vero per le persone che svolgono altri lavori. Magari qualche parola la comprendono, ma capire un testo scritto è davvero un problema.
Pensiamo, per esempio, al mercato russo e a tutta l’area caucasica. Alfabeti diversi, storicamente una sola lingua parlata, il russo. Panico se si abbozzano due parole in inglese.
Per questo è necessario tradurre i testi e non accontentarsi dell’inglese. Anche nel caso in cui non ci sia un obbligo di legge.
La parte illustrativa (disegni, immagini, schemi) è utilissima per la comprensione del testo. Inoltre aiuta notevolmente anche il traduttore a capire meglio la spiegazione italiana. Come forse saprete, i traduttori non hanno mai l’opportunità di avere davanti il prodotto mentre traducono. Facile immaginare come la traduzione possa essere solo letterale.
Gli errori da non fare
In questo post abbiamo parlato di alcune regole base per scrivere un testo traducibile anche senza arrivare ad utilizzare evolute pratiche come quella dell’ITS (italiano tecnico semplificato).
Se il testo italiano è stato scritto da un tecnico e non da un comunicatore, spesso si è partiti da premesse implicite sbagliate:
- competenza specifica nell’utilizzatore pari a quella del redattore
- cultura e proprietà di linguaggio pari alla propria
- gergo ed esperienze comuni.
Si tralascia cioè di calarsi nei panni dell’utilizzatore. Con queste premesse sarà difficile comprendere anche il testo in italiano, figuriamoci dopo la sua traduzione…
Attraverso i passaggi della traduzione le informazioni si sfilacciano fino a perdere parzialmente la propria utilità. Ecco allora che le illustrazioni possono riallacciare i nodi che si sono persi permettendo di rendere intellegibile anche una testo poco accurato.
I costi nascosti di traduzioni sbagliate
Il costo principale è la mancata soddisfazione del cliente che passa da un iniziale momento di ilarità all’incredulità e poi al fastidio. Un danno di immagine prima di tutto, ma anche un danno effettivo di utilizzo perché le istruzioni verranno accantonate e il cliente farà da sé.
Potrebbe farsi male o distruggere l’apparecchio, oppure solamente montarlo male in modo irreversibile. Potrebbe rivolgersi al servizio di post-vendita con ulteriori perdite di tempo per tutti.
In questo post abbiamo approfondito ulteriormente il tema della vendita all’estero e della comunicazione più adatta
Qua invece abbiamo approfondito la questione della sicurezza che è messa a repentaglio da una comunicazione non adattata al cliente che la legge
https://www.studiodz.it/comunicazione-tecnica/sicurezza-nelluso-non-facciamoci-male/
Per chi volesse approfondire il tema più generale degli impatti della comunicazione sul branding, qua c’è un nostro contributo
https://www.studiodz.it/comunicazione-tecnica/fare-branding-con-la-documentazione-di-prodotto/
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